Domande Frequenti

Lo chiamo o non lo chiamo?

Quante volte hai composto il numero dello psicologo e sei stato incerto se premere il pulsante che avrebbe dato avvio alla telefonata?

Il dubbio è del tutto comprensibile: in Italia la figura dello psicologo è investita ancora dal pregiudizio che lo accosta alle malattie mentali, allo strizzacervelli che cura i “matti” come nei primi del ‘900.

Questa è solo una parte della realtà, anzi, la più marginale.

Negli ultimi decenni la società ha avuto una rapida evoluzione con conseguenze sulla popolazione in termini di adattamento e stress; la ricchezza di stimolazioni esterne (smartphone, televisione, socialnetwork) ha allontanato subliminalmente le persone da se stesse portandole a rivolgere lo sguardo all’esterno, alle distrazioni, fino al punto di perdere la strada, di perdere se stesse. Da qui il proliferare di libri, corsi, seminari, coach e quant’altro sulla crescita personale e sulla comunicazione: è evidente il bisogno crescente di ri-trovarsi, di ri-trovare il senso alla propria esistenza di ri-appropriarsi di se stessi, della propria intimità ed unicità.

Ammettere di AVERE BISOGNO di un aiuto, accettare l’idea di mettere in discussione il modo in cui si è sempre vissuto, sono decisioni importanti e spesso sofferte da chi si trova a viverle.

Ecco perché ho selezionato 7 tra le più frequenti domande che le persone si pongono durante il processo di scelta sul contattare o meno uno psicologo e soprattutto se lo psicologo sia proprio la figura sanitaria di cui hanno bisogno.

     1. Andare dallo psicologo significa essere matti?
Tutt’altro!
Rivolgersi ad uno psicologo è indice di un buon livello di consapevolezza del proprio stato: non è facile avere la capacità di fermarsi e
osservare che qualcosa disturba, che non si sta vivendo nel modo migliore di vivere o che proprio non si riesce a superare un evento vissuto come traumatico. E’ certamente più semplice fare finta di niente o continuare a “sopravvivere” ad andare avanti per inerzia ignorando che c’è sempre una possibilità: fare una scelta!

     2. Perché dovrei pagare una persona per ascoltarmi? Posso parlare dei miei problemi anche con un amico o col prete!
Avere un buon amico o un prete che godono della tua fiducia è senz’altro utile ed auspicabile poiché talvolta condividere le proprie preoccupazioni, ricevere un consiglio o una parola di conforto possono alleggerire le pene ed offrire un punto di vista alternativo. 
Tutto ciò però non ha nulla a che vedere con quanto avviene nel corso di un colloquio clinico con uno psicologo. Per quanto un amico o il prete possano avere ottime capacità di comprensione ed empatia, saranno portati a dare il LORO punto di vista delle cose basato sul LORO bagaglio culturale ed esperenziale. Lo psicologo NON ti da consigli, lo psicologo NON ti da il suo parere su cosa sia meglio o peggio per te, lo psicologo NON ti dice “su, su, tutto passa, sorridi che c’è chi sta peggio”.
Lo psicologo è come un faro nella notte: illumina la strada ma sei tu a dover guidare l’auto.
Lo psicologo attraverso un ascolto attento e consapevole ti pone le domande giuste affinchè tu possa da solo arrivare al benessere, alla soluzione più adatta a te ed al tuo contesto.

     3. Come si svolge il primo colloquio con lo psicologo?
Nel corso del primo colloquio con lo psicologo la persona espone le motivazioni che l’hanno portata a contattarlo e le sue aspettative rispetto ad un eventuale percorso psicologico. Lo psicologo sin dal primo colloquio può fare una restituzione di quanto detto per capire assieme alla persona cosa egli chiede e soprattutto se in linea con le sue specifiche competenze; talvolta la persona  può essere indirizzata ad altro professionista.
Qualora si decidesse di fissare un secondo colloquio, lo psicologo esporrà  le “regole esplicite del contratto terapeutico” (frequenza e durata delle sedute, modalità di setting, onorario e modalità di pagamento, eventuali altri dettagli tecnici/burocratici).

     4. Chi saprà quello che dico allo psicologo?
Diversamente dal counselor, dal coach o da altre pseudofigure sanitarie, lo psicologo è tenuto al segreto professionale che è regolamentato dai seguenti articoli del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani:
 Articolo 11: “Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12: “Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13: Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi”.

     5. Mi vergogno a parlare dei miei pensieri e problemi con chi conosco, figuriamoci se lo faccio con uno sconosciuto!
Come scritto nella risposta numero 3, ciò che differenzia un amico o familiare dallo psicologo è che lui è un professionista: come tale si astiene dal dare giudizi o imporre i propri valori.
Come esposto dall’articolo 4 del Codice Deontologico degli Psicologi Italiano:
Articolo 4: Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità […]

     6. Quante sedute ci vorranno per stare meglio?
Eccoci alla domanda che con maggiore frequenza viene posta durante il primo incontro.
Quante sedute ci vorranno?
Anche un solo incontro se hai fretta!
La domanda giusta sarebbe invece: quanto può davvero essere utile per me, nel momento in cui sono un percorso psicologico?
Siccome non mi piace eludere le domande, rispondo che in linea generale durerà il tempo necessario al ripristino del tuo benessere e questo dipende da tre principali fattori che riguardano:

  1.       TE: le tue capacità di esprimerei i tuoi stati, i tuoi pensieri e di riflessione su essi. Dal tuo tempo personale di elaborazione dei tuoi vissuti e dalle tue aspettative.
  2.      Lo PSICOLOGO: la sua capacità di intravedere il “non detto”, di andare oltre a ciò che racconti, di isolare e comprendere le situazioni che tendi a riproporre ciclicamente, di “sentire” quello che dici e non solo di “ascoltare” quello che dici. Dalle sue capacità di capire quando è il momento di intervenire con una domanda o una rielaborazione e quando invece il momento di tacere ed attendere tempi più maturi. Dalla sua capacità di capire chi davvero ha di fronte aldilà della sua maschera.
  3.    La RELAZIONE TERAPEUTICA: se dovessero chiedermi qual è il fattore determinante alla buona riuscita di un percorso psicologico direi senz’altro la relazione terapeutica ossia quel legame di collaborazione, sintonia  e fiducia che si crea tra paziente e psicologo.

     7. Quanto costa andare dallo psicologo?
Quando ti rivolgi ad uno psicologo ti rivolgi ad un professionista che ha conseguito una laurea quinquennale, successivamente ha svolto un anno di tirocinio, ha sostenuto l’Esame di Stato per l’Abilitazione alla professione ed è regolarmente iscritto all’Albo degli Psicologi. Lo psicoterapeuta , dopo tale percorso ha frequentato altri 4 anni presso una scuola di specializzazione, abbinato, in molti casi, ad una analisi personale presso altro psicoterapeuta.
Lo psicologo è una professione al pari di qualsiasi altro medico specialista e l’onorario richiesto è il risultato degli studi, esperienze e competenze accumulate.
In quanto  prestazione medica, la fattura emessa può essere scaricata quindi è deducibile dalle spese fiscali del 19%.
PER INFORMAZIONI E COSTI SPECIFICI VISITARE LA SEZIONE COSTI E DETRAZIONI

Queste sono solo alcune delle domande o curiosità che affollano la mente di chi si trova in procinto di scegliere se contattare o meno uno psicologo.

Ora che ho risposto alle tue domande, permettimi di farti  io una domanda.

Vuoi veramente trasformare il tuo stato attuale?
Ho volutamente utilizzato il verbo “trasformare” e non “cambiare”.

Affermare che una persona deve cambiare presuppone che ci sia qualcosa di sbagliato in lei, quindi che ci sia qualcosa di “giusto” da fare. “Giusto” o “sbagliato” sono giudizi legati alla superficie, all’ego e non hanno nulla a che fare con il nucleo più profondo, con l’anima della persona. Quelli che la persona chiama i suoi “difetti” o “lati negativi”, ”debolezze”, sono una sua caratteristica da comprendere, accogliere e trasformare in qualcosa di funzionale ed evolutivo per la sua esistenza.

Se la risposta alla mia domanda è SI assicurati che questo SI provenga da te, dalla tua motivazione interna e non per far contento qualcuno o per qualsiasi altra motivazione estrinseca: sarebbe una perdita di tempo per entrambi.

La vera motivazione deve partire da te e dalla voglia di scegliere un modo migliore di vivere!

Puoi approfondire l’argomento leggendo il mio articolo SE VAI IN PALESTRA SEI FIGO, SE VAI DALLO PSICOLOGO SEI SFIGATO!

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