“Le emozioni inespresse non moriranno mai.
Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore.”
(Sigmund Freud)
I disturbi psicosomatici sono disturbi risultanti dalla relazione tra psiche (mente) e soma (corpo). Ad una prima lettura sembrerebbe un’ovvietà poiché è condivisa la conoscenza che l’individuo è composto da mente e corpo. Come tutte le cose ovvie, nella pratica questo assunto talvolta è dato per scontato sebbene il modello attualmente condiviso anche dall’organizzazione Mondiale Della Sanità è il modello bio-psico-sociale in cui la malattia è conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali (Engels, 1977, 1980; Scwartz, 1982).
Nel 1895, nei suoi Studi sull’isteria Sigmund Freud scrisse: “l’isteria si genera mediante la rimozione di una rappresentazione insopportabile che continua a sussistere quale debole traccia mnestica, mentre l’affetto tolto a quella rappresentazione viene impiegato per una conversione dell’eccitamento sul soma”. Secondo Freud il disturbo psicosomatico era dunque l’esito della conversione organica di un conflitto psichico tra la pulsione che tende alla soddisfazione del desiderio e l’istanza difensiva volta alla sua repressione: avverrebbe così una «conversione in innervazione fisica».
L’essere umano non è solo una macchina che se non funziona deve essere aggiustata: dentro quella macchina c’è un conducente che pensa, che si emoziona e che con tali attività non può che influenzare quella macchina! Ad esempio di fronte a sintomi come gastrite, cefalea ricorrente, ipertensione, tumori, (per citare solo i più frequenti) affrontarli solo dal punto di vista medico è riduttivo! Perché avverrà un intervento sugli EFFETTI e non sulle CAUSE e questo aumenta le probabilità di recidiva.
La psicosomatica si propone pertanto di risalire all’origine della malattia.
Ogni sintomo è psicosomatico ed a livello simbolico può essere concepito come la soluzione che l’individuo ha trovato per rispondere ad un conflitto interno od esterno. Dietro ad ogni patologia si nasconde una componente psicologica che ha contribuito ad innescare il sintomo ed ha un ruolo decisivo nel suo sviluppo e perpetuarsi.
“Guai a quel medico che cura il corpo senza aver curato la mente, giacché da essa tutto discende.”
(Socrate)
Da qui l’importanza, se presente danno organico, di un approccio multidisciplinare che coinvolga sia il medico di medicina generale/specialista sia lo psicologo. Il colloquio di indagine psicosomatica spazia sui fattori biologici, psicologici e sociali; è molto importante ascoltare il sentire dell’individuo e la percezione che egli ha del suo disturbo, cosa sa e cosa sente rispetto al suo disturbo. Ripercorrere assieme alla persona l’insorgenza dei primi sintomi ed il clima affettivo, relazionale e sociale di quel periodo può aiutare ad inserirlo nella propria biografia e dargli un senso.
Durante il colloquio psicologico la sofferenza psicosomatica è evidenziabile, all’occhio attento, in alcune sfaccettature della mimica, del tono e ritmo dell’eloquio, dallo sguardo e reazioni neurovegetative. Nel raccontare alcuni episodi della propria vita la persona può manifestare disagio attraverso il corpo che si irrigidisce o che mettendo in atto i tipici segnali di scarico tensionale (toccarsi il naso, i capelli, tossire…). Questi sono tutti indizi che precedono la consapevolezza della persona: si può “mentire” con le parole, non con il corpo.
È pertanto il corpo a soffrire laddove la mente non può permettersi di farlo.
L’attenzione non è focalizzata sul sintomo, quanto piuttosto sul suo significato simbolico per renderlo consapevole ed elaborabile.