Adolescenza

La parola adolescenza richiama l’immagine di un bocciolo di rosa che sta per schiudersi in modo lento e graduale. I fiori già maturi, quindi i genitori, possono provare comprensibile preoccupazione ed incertezza nell’assistere a tale fenomeno perché in alcuni casi il fiore potrebbe sbocciare al primo accenno di sole, in altri potrebbe essere più lento, in altri ancora potrebbe sbocciare rivolgendo la corolla dalla parte opposta. Ogni fiore come ogni individuo è un essere unico ed uniche saranno le sue manifestazioni.

L’adolescente si sta risvegliando dall’onnipotenza infantile, periodo in cui i genitori erano idealizzati e visti come individui perfetti per passare a vederli in modo realistico, come persone che possono sbagliare, che hanno debolezze, insomma come esseri umani. Questa “scoperta” può portare a sentimenti di ostilità, di non ascolto in favore della totale adesione di quello che dicono gli “altri”, il gruppo dei pari, dei coetanei. Tale comportamento suscita preoccupazione ma non è da demonizzare: l’adolescente come il bambino deve conoscere e sperimentare le emozioni ed i sentimenti, anche quelli di ostilità ed avversità che non sono patologie; sono piuttosto coloriture specifiche di questa fase di vita. A seconda di come si presentano ed evolvono le difficoltà ed i conflitti, è necessario valutare se vi siano le indicazioni per giustificare delle preoccupazioni oppure se considerarle come un processo fisiologico.
In quest’ultimo caso l’adolescente necessità soprattutto di essere ascoltato, considerato ed accettato nella sua individualità.

I genitori si trovano davanti alla “drammatica” realtà di non riconoscere più il loro figlio e si sentono come delle mosche cieche che continuano a sbattere tra le buie pareti di una stanza. Si potrebbe paragonare l’adolescente al porcospino di Schopenhauer: egli come il porcospino necessita di cure e protezione ma se ci si avvicina troppo si rischia di farsi e fargli male. Il compito più oneroso per il genitore di un adolescente è quello di trovare la giusta distanza, il giusto spazio fra la presenza emotiva di cui l’adolescente ancora necessita ed il “farsi da parte”, per permettergli di acquisire la necessaria autonomia ed identificazione.

La consulenza psicologica può mettere ordine nel disordine: può anzitutto comprendere quale sia il problema e soprattutto di chi sia il problema. Spesso l’adolescente o il figlio in generale è solo il DEPOSITARIO, il PORTATORE di un problema famigliare o della coppia genitoriale.

In base a quanto sarà rilevato durante la prima consulenza psicologica potranno aprirsi diversi scenari: un lavoro individuale con l’adolescente o una serie di incontri cui partecipano solo i genitori, oppure i due interventi coordinati, al fine di aiutare il nucleo a trovare nuove e più funzionali modalità di relazione e comunicazione.

E’ utile ricordare che non sempre l’adolescente si dimostra disponibile ad andare dallo psicologo. La sua prima e giustificata reazione sarà quella di dire “non sono matto” e di provare la sensazione di “tradimento” di essere portato in un posto verso cui nutre, come gran parte della popolazione, molti pregiudizi. Bisogna quindi valutare l’opportunità di lavorare soltanto con i genitori, alleviando la loro fatica, supportandoli nella loro funzione genitoriale in questa fase di vita della famiglia, che porta in se anche l’inevitabile modificazione del ruolo genitoriale.

Contatta lo Studio