La sessualità è una componente fondamentale nella valutazione del funzionamento globale dell’individuo. Ancora oggi si prova vergogna ed imbarazzo a parlarne non considerando che la sessualità è energia, passione, creatività. Quando si hanno ansie, blocchi emotivi, traumi o qualsivoglia difficoltà, anche la sessualità ne risente subendo una modificazione in eccesso o in difetto e trovando canali alternativi di espressione. La sessualità inespressa può ripercuotersi sul comportamento ed a livello somatico con nervosismo, rabbia, ipertensione, gastrite, colite, dermatite, stanchezza persistente, crisi d’ansia e cefalea, iperattività, dedizione a sport o esperienze estreme, tensione muscolare, cistiti, herpes labiale e genitale.
Ci sono peridi e tappe della vita in cui la sessualità può subire un fisiologico decremento. Si pensi all’adolescente che, in piena rivoluzione ormonale si trova a dover fare i conti con un forte desiderio sessuale che confligge con la paura di trasformarlo in azione per l’inesperienza e il timore del giudizio.
La gravidanza ed il periodo del post partum anch’essi caratterizzati da variazioni ormonali possono incidere sulla sessualità: basti pensare al calo del livello di estrogeni (responsabili della regolazione del tono dell’umore) o degli alti livelli di prolattina delle donne che allattano (ormone con potere inibitore del desiderio sessuale) o delle credenze circa l’incompatibilità tra tali condizioni e la sfera sessuale.
La menopausa e l’andropausa, anch’essi caratterizzati da una caduta dei livelli di ormoni come estrogeni per le donne e androgeni per l’uomo influiscono sull’attività sessuale: conoscere tali modificazioni e le credenze legate alla sessualità nella fase più adulta della vita aiutano a non “sentirsi sbagliati”, o a non pensare che sia “colpa dell’altro”.
Infine periodi di forte stress, malattia o assunzione di farmaci contribuiscono al calo del desiderio sessuale.
Spesso chi pensa di avere un problema sessuale si rivolge al medico o al sessuologo concependo quindi il suo problema sessuale in termini biologici, proprio come accade a chi ha un dolore alla gamba e si reca da un ortopedico o a chi non mettendo più a fuoco gli oggetti va da un oculista. E’ la comune tendenza a voler mettere a tacere il sintomo senza pensare possa avere a che fare con qualcosa appartenente alla propria sfera mentale. L’attività sessuale appare quindi isolata dal resto della persona, concepita come mero riflesso fisiologico: a certi stimoli deve corrispondere una risposta genitale.
L’eccitazione invece non è qualcosa di automatico bensì il risultato di un complesso e rapidissimo lavoro del Sistema Nervoso Centrale: il piacere sessuale si origina nella parte inconscia del cervello poiché negli organi genitali non esistono “recettori del piacere”. Riprova di ciò è che lo stesso stimolo ai genitali a seconda della situazione, contesto e stato in cui ci si trova può essere percepito come piacevole, indifferente o sgradevole. Il pensare quindi di avere un disturbo a livello prettamente biologico degli organi sessuali è una difesa inconscia contro il pensare che sia in effetti un proprio disagio psichico. Al contrario un “male” essenzialmente psichico, come quello che si esprime nelle disfunzioni somatiche dell’emozione sessuale, non può essere curato se non impegnando il soggetto attivamente in un lavoro psicologico interiore.
I disturbi sessuali non sono quindi qualcosa da curare nell’accezione medicalizzante del termine. I disturbi sessuali sono il riflesso delle emozioni e le emozioni in quanto tali non si curano. Curare un’emozione equivarrebbe ad agire sulle manifestazioni somatiche, e non sulla causa.
Ogni eventuale “disturbo” riconosciuto nella dimensione sessuale va curato a monte, nella struttura mentale che lo regola.