Questo articolo nasce dall’osservazione del mondo esterno e da quello che spesso mi viene riportato in sede di primo colloquio.
Vivere nel 2020 in un paese industrializzato ed all’avanguardia in molti campi, non è bastato ad adombrare, almeno non del tutto, il pregiudizio sociale nei confronti della figura dello psicologo. Nell’immaginario collettivo sembra infatti che dallo psicologo ci vada il matto, tanto che spesso si sente la battuta “fatti vedere da uno bravo!”. Così chi ci va prova spesso un senso di vergogna percepibile talvolta sin dal primo contatto telefonico. Questo pregiudizio presente a livello cosciente ma talvolta anche inconscio, porta le persone a prendere tempo prima di decidere se andare o no, poiché si guardano allo specchio e, per quanto possano vivere un periodo difficile, non si reputano poi così matte da dover farsi aiutare.
Tutt’altra storia invece quando guardandosi allo specchio si nota qualche chiletto in più o che il proprio corpo non è poi così tonico; in questo caso la decisione appare subito meno sofferta. Un bell’abbonamento in palestra e tutto passa! Credo infatti che nessuno al momento dell’iscrizione in palestra provi imbarazzo o che nel tragitto nasconda la borsa sportiva per la vergogna.
Cosa succede allora? Perché se vuoi prenderti cura della tua mente sei considerato “uno che ha problemi” e se vuoi prenderti cura del tuo corpo invece sei “ok”, “sei uno che ci tiene alla salute”, “sei dinamico, determinato”?
Credo si tratti di ignoranza. Ignoranza intesa come non conoscenza di cosa avviene da uno psicologo.
Esattamente come in palestra non va solo chi ha problemi di peso ma anche chi vuole tenersi in allenamento, tonico e in forma, anche dallo psicologo non va solo chi “ha problemi” ma anche chi vuole prendersi cura di sé stesso, approfondire la propria conoscenza oppure, effettivamente comprendere e risolvere degli aspetti di se stesso che gli creano disagio o che interferiscono con il sereno svolgimento della propria quotidianità.
Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino.
(Carl Gustav Jung)
Chi investe tempo e soldi in palestra non è più forte o più ok di chi investe tempo e soldi dallo psicologo!
Certo, i risultati della palestra, se eseguita con costanza ed affiancata ad un sano regime alimentare, sono tangibili, i chili sulla bilancia sono numeri, gli abiti che stanno meglio sono elementi concreti, che si possono toccare con mano e sono sotto gli occhi di tutti ed è innegabile che faccia piacere pure ricevere qualche complimento sui propri progressi!
Andare dallo psicologo non porta invece risultati visibili al primo colpo d’occhio! Nessuno passeggiando per la strada si girerà a guardarti e dirti “che bella mente che hai!”. Chi va dallo psicologo non lo fa per essere “socialmente apprezzato” o per essere accettato dagli altri.
Chi va dallo psicologo lo fa principalmente per sé stesso: il fatto che inevitabilmente questo avrà effetti anche sulle sue relazioni affettive e sociale, è un effetto collaterale della terapia, ma senz’altro non la motivazione principale.
Più conosciamo noi stessi, più saremo responsabili delle nostre scelte e non in balia del nostro passato o delle circostanze, e soprattutto piu conosciamo noi stessi e meno ripeteremo ciclicamente gli stessi percorsi disfunzionali o meno intraprenderemo relazioni affettive basate sul bisogno o sulla dipendenza.
Prendersi cura della propria mente, osservarsi, mettere le mani nei propri inferi è un profondissimo atto di volontà e forza ammirabile tanto quanto chi completa una lunga sessione di allenamento o una maratona.
Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi, ”riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta di una strada impervia, ma è l’unica che ci dia la possibilità di abbandonare la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa.
(Alice Miller)