La dipendenza affettiva al pari delle altre dipendenze è un assetto comportamentale in cui si “dipende” da un oggetto esterno o in questo caso da una persona per sentirsi vivi, per dare un motivo alla propria esistenza ed esattamente come le altre dipendenze è caratterizzata da:
– ebbrezza: stato di profondo piacere e benessere in presenza della persona, non sperimentabile in altri modi.
– tolleranza: quantità sempre maggiore di tempo che si decide di dedicare al partner a discapito di altre relazioni sociali (es. amicali, familiari, di lavoro) o attività.
– astinenza: vissuto di profonda necessità ed urgenza quando ci si trova in assenza della persona di riferimento.
La dipendenza affettiva ha come protagonista un individuo che vede nell’altro il suo “tutto”, il centro del suo mondo e come tale qualcuno a cui perdonare e da cui accettare” tutto” pur di averlo accanto, pur di non perderlo. L’intera quotidianità gira intorno all’altro in una totale assenza di autonomia ed in un totale stato fusionale. L’individuo sente di esistere, di valere, di essere felice o triste in base allo stato emozionale del partner ed ai suoi comportamenti e reazioni. I propri bisogni sono messi da parte a favore di quelli del partner, anzi, si prova addirittura un senso di colpa per il solo fatto di averne.
Qual è l’origine della dipendenza affettiva?
La prima esperienza di dipendenza affettiva fisiologica è quella sperimentata dal bambino che dipende dalla mamma per il soddisfacimento dei bisogni primari. Crescendo egli può recepire il messaggio di non essere degno di attenzioni o che l’unico modo per ottenerne è quello di sacrificarsi per l’altro. La dipendenza affettiva origina spesso all’interno dell’ambiente familiare e nelle sue specifiche dinamiche relazionali che hanno portato l’individuo a costruirsi un’immagine di Sé come di persona inadeguata, indegna di essere amata che cercherà di colmare con atteggiamenti iperprotettivi e controllanti nei confronti del partner. J.L. Herman ha riscontrato che talvolta in queste persone è presente una storia infantile di maltrattamenti fisici e abusi sessuali e D. Miller la presenza di un disturbo Post Traumatico da Stress, uno specifico evento a valenza “traumatica” che ha inciso fortemente sul valore attribuito a se stessi. Non necessariamente deve trattarsi di un evento oggettivamente eclatante, ma di un evento percepito dal bambino e dal suo mondo come tale (es. l’allontanamento di un genitore per ragioni lavorative o separazione coniugale), che gli fa credere di non essere degno dell’amore di quel genitore e il senso di colpa per aver fatto qualcosa di sbagliato per contribuire a quell’allontanamento.
Come uscire dalla dipendenza affettiva?
La dipendenza affettiva è un aspetto della persona, non è la persona. Chi è dipendente affettivamente deve ricordare momenti, che sicuramente ci sono stati, in cui non è stato fragile, in cui è stato inaspettatamente forte e indipendente. Spesso sono proprio queste persone che davanti a qualcuno che soffre o in difficoltà affrontano con lucidità la situazione riuscendo ad aiutarlo. La dipendenza affettiva è un’idea, un paio d’occhiali con cui si è imparato a guardarsi. Occorre un “lavoro attivo” che trasformi la visione di se stessi, perché il cervello, abituato a seguire sempre i soliti percorsi, se lasciato a se stesso tenderà a fare ciò che ha sempre fatto in virtù di quella che Freud chiamò la coazione a ripetere ovvero la tendenza dell’essere umano a mettere in atto ciclicamente lo stesso copione. Quando si prende consapevolezza di ciò e si decide di cambiare, occorrerà continua presenza, auto-osservazione dei propri comportamenti e delle proprie emozioni per non ricadere nella solita immagine della persona fragile e bisognosa di qualcuno. Sembrerà certamente difficile pensarsi più forti, ma in realtà occorre solo iniziare. Possono bastare pochi momenti di autonomia vissuti consapevolmente per instillare la percezione della propria naturale capacità di stare al mondo e della propria forza innata.
Di seguito 3 azioni da cui iniziare per sperimentarsi come essere indipendente:
- Fai qualcosa da solo: ricavati momenti e spazi in cui non è presente la persona a cui di solito ti appoggi. Attenzione però a non sostituire la persona con un’altra (terapeuta, leader carismatico ecc) o con qualcosa (alcool, droghe, cibo, gioco d’azzardo, attività sportiva eseguita ossessivamente).
- Riscopri i tuoi interessi: ognuno di noi è caratterizzato da un particolare talento, qualcosa che gli riesce bene fare o se non lo si è ancora individuato si può cimentarsi in attività nuove, che mostrino concretamente che la vita è fatta di mille sfaccettature ed ampi orizzonti e solo ci si mantiene disponibili e curiosi.
- Stop ai sensi di colpa: essi rappresentano uno dei maggiori blocchi al cambiamento, sono dei veri e propri paralizzatori. I sensi di colpa fanno sempre parte del modo con cui si guardano le cose: significa che si ha in mente un modello statico a cui aderire e quando non lo si soddisfa ci si sente in colpa. Nella vita tutto è in mutamento, tutto cambia e solo perché fino ad ora ti sei appoggiato a qualcuno per sentire di esistere, non significa che tu debba continuare a farlo per sempre! E il senso di colpa per non essersi permessi di diventare ed esprimere se stessi? Quello è, eventualmente l’unico senso di colpa meritevole di attenzione.
Se due individui sono sempre d’accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi.
Sigmund Freud
Se ti interessa approfondire l’argomento puoi leggere il mio articolo pubblicato su http://psiche.org/articoli/dipendenza-affettiva-ri-conoscerla-per-uscirne/